A cura di Franco Spiritelli e Gianni Melodi, tratto da Fumo di China n° 21/59 del settembre/ottobre 1993;
Trascrizione di Armando Botto.

In una monografia disneyana quale questa è, non poteva mancare un contributo di uno dei più grandi autori italiani (abbiamo omesso volutamente l’aggettivo “disneyano”, l’arte di Scarpa non è racchiudibile nel “semplice” sottogenere delle storie disneyane), raggiunto in extremis mentre si preparava a trasferirsi con la famiglia per le vacanze estive. Ecco perchè la chiaccherata che segue è piuttosto concisa, ma vi sono compresi vari concetti della poetica scarpiana.

Fumo di china: Cominciamo con una domanda d’obbligo: cos’è secondo lei lo “spirito Disney”?

Romano Scarpa: È lo spirito di un sereno e costruttivo ottimismo. Lo spirito dell’intraprendenza e della spericolata avventura. Lo spirito della ricerca e dell’esplorazione. È lo stesso spirito che potremmo riscontrare anche in altri fumetti (per dire “solo” di questi…) per lo più di oltre oceano; ma qui è mediato da una irresistibile vis umoristica che accomuna il Disney comic alle “commedie sofisticate”, ai “gialli rosa” dei migliori tempi del cinema americano. Con un tocco di poesia che lo nobilita sempre.

FdC: Come si fa a distinguere tra quel che è disneyano e quel che non lo è?

R. S.: Lo distinguete subito, in un confronto negativo, quando vi salta all’occhio un tratto pesante, artificioso, solo teso alla ricerca dell’arido effetto grafico e all’esibizione di una “mano” disinvolta.
Lo capite quando assistete a un gioco di personaggi vuoto, infarcito di espressioni enfatiche e melliflue. E quando le storie non vi conducono a nulla che infonda emozione, allegria, suspense. Ecco: quello non è Disney.

FdC: Senza voler stilare graduatorie, o classifiche, sempre antipatiche (a quelle pensiamo noi fan), ci può indicare quali tra i suoi colleghi le sembrano interpretare meglio lo spirito Disney? C’è qualcuno tra i giovani che le sembra più in sintonia con la sua visione?

R. S.: Ottimi elementi non mancano, ma vanno indirizzati al giusto… se ci accordiamo su cosa vada considerato “giusto”.
Del resto tutti hanno buon diritto di lavorare e poiché la barca naviga bene…

FdC: Il carattere (o la psicologia, se preferisce) è la cosa più importante per un personaggio, però non per tutti è così. Alcuni sono infatti da tempo fossilizzati in caratterizzazioni grossolane e monocordi.
Potrebbe farci il ritratto “secondo Scarpa” di Topolino, Paperino, Paperone ed anche qualcuno dei “suoi”?

R. S.: Questo tema riempirebbe da solo pagine e pagine, se non volumi. Devo a malincuore sintetizzare.
Topolino: retto e coraggioso, auto-ironico, disinteressato.
Pippo: lunare, imprevedibile, fedele.
Paperino: iracondo, esagitato, inconcludente.
Brigitta: arrampicatrice, carrierista, infatuata di Paperone, delle sue sostanze… o di tutti e due?
Filo Sganga: velleitario, invidioso, perdente.
Paperone: il più grande tycoon, il magnate per antonomasia. Lo è al punto di aver soppiantato (altro che Rockerduck…) la stessa immagine dello “Zio Sam” nella iconografia statunitense. È il miglior affarista possibile. Fifty-fifty: metà sano e giusto, metà avido e senza scrupoli. Capace pur sempre di incredibili slanci di generosità.

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FdC: Cosa pensa del ruolo del “cattivo” nelle storie Disney? Come mai non ci sono più i bei cattivi di una volta?

R. S.: La marea montante di violenza che sta sommergendo il mondo (con la complicità della televisione) induce a tenercene lontani il massimo consentito! Con il logico pedaggio di un certo addolcimento di trame e personaggi.

FdC: Oggi le proporzioni dei personaggi cambiano spesso a seconda del disegnatore (anche Barks fece lo stesso, partendo coi paperi alti e finendo per farli bassi e rotondi…). Quali sono le proporzioni corrette?

R. S.: Le “proporzioni” fra i personaggi (come la loro struttura) non possono cambiare. Se succede, ciò è dovuto alla eccessiva libertà di cui godono i disegnatori.

FdC: Dopo Gottfredson & C. Topolino è “solo” un topo, o è invece una persona?

R. S.: Perché scomodare John Steinbeck e il suo “Uomini e topi”? Topolino (meno che ai suoi primordi) è una autentica persona. Si sa che si avvicina all’archetipo dell’americano medio.

FdC: Quanti sono i giovani disegnatori che fanno riferimento a lei?

R. S.: Ce ne sono molti, specie nella “zona artistica” di Venezia. Il più accorto è stato Cavazzano, il quale ha poi deviato per una sua strada, subito seguita da vari disegnatori “replicanti”. Adesso e già da tempo io guido un gruppo di artisti spagnoli che stanno giungendo ad ottimi risultati.

FdC: Domanda d’obbligo: a cosa sta lavorando ora e quali sono i suoi progetti?

R. S.: Ho appena finito una storia in cinque puntate, scritta dal bravo Carlo Panaro, che celebrerà, l’anno prossimo, il numero 2000 di Topolino, vanto e gloria del nostro instancabile direttore, Gaudenzio Capelli. E poi?… Bene, vi confiderò che ho allo studio un nuovo personaggio bomba, che affiancherò a Zio Paperone! [wow!; ndr].
Il mio tempo stringe e avrei mille cose ancora da dire. Concluderò con il ricordare (permettetemi una piccola auto-celebrazione…) che questo 1993 segna il quarantennio della mia ininterrotta attività disneyana, iniziata appunto nel 1953 con la bella storia di Martina “Biancaneve e Verde Fiamma”. Non ne farò certo la cronistoria. Accennerò solo alle ultimissime soddisfazioni che ne ho tratto in questi ultimi mesi.
Il premio “Fumo di China” al miglior autore, la lettera di un lettore americano pubblicato sull’albo Walt Disney Comics and Stories, n. 582 che mi definisce, assieme a Carl Barks, “il miglior artista Disney di ogni tempo” (so bene che non è vero, ma mi fa felice lo stesso…) e… l’ampio spazio dedicato da quotidiani e settimanali alla storia a strisce (una delle mie preferite) “Topolino e Minnotchka”. Essa non poteva offendere nessuno. Se non i simpatici stalinisti che ancora fiatano, fino a darmi del Maramaldo per aver infierito a posteriori… su dei poveri perdenti. Aspetto ancora di sentirli inveire anche contro chi, ben più a posteriori, continua a infierire contro lo sconfitto Hitler, poveraccio!