Scarpa, famoso autore Disney, ha presentato la sua nuova serie di cartoni animati
Di Andrea Sani, tratto da Fumetti d’Italia n° 28, primavera/estate 1999.(Grazie ad Andrea e al direttore Graziano Origa per questa riproduzione online dell’articolo.)
Romano Scarpa, autore di avventure classiche di Mickey Mouse, da Topolino e l’unghia di Kalì (1958), a Topolino e l’enigma di Brigaboom (1989-90), è assente da tempo dalle pagine del settimanale della Walt Disney Italia dedicato al celeberrimo eroe (anche se le ristampe delle sue vecchie storie compaiono regolarmente nella bella collana I Maestri Disney). Scarpa è infatti impegnato nella realizzazione di una serie di disegni animati televisivi dal titolo Sopra i Tetti di Venezia, da lui ideata e curata personalmente. Malgrado ciò, Scarpa non ha completamente dimenticato il settimanale Topolino. La sua passione disneyana lo ha spinto a produrre per il settimanale francese Le Journal de Mickey una splendida avventura, Mickey et les Douceurs de Noel (Topolino e le Dolcezze di Natale), apparsa sul numero 2426 del 16 dicembre 1998, di cui ha disegnato anche la fascinosa copertina natalizia. Si tratta, senza ombra di dubbio, di una delle migliori storie a fumetti di Topolino degli ultimi anni, al livello dei capolavori scarpiani dei decenni Cinquanta-Sessanta, per i quali l’autore è giustamente noto in tutto il mondo e paragonato agli americani Floyd Gottfredson e Carl Barks. L’episodio, di quattordici tavole disposte su quattro strisce secondo il formato comic book, ricorda nel titolo una vecchia storia, sempre di Scarpa, del 1954, Topolino e le Delizie natalizie, ed è chiaramente ispirato al film di Frank Capra, It’s a Wonderful Life (La Vita è Meravigliosa), del 1946, Con James Stewart nel ruolo del protagonista Bailey. Lo stesso film aveva suggerito a Don Rosa la storia dedicata al sessantesimo anniversario di Paperino, The Duck Who Never Was (Paperino e il Genio del Compleanno) apparsa in Italia su Paperino Mese (n° 168, giugno 1994). Prima o poi, i destini di Donald Duck e di Mickey Mouse dovevano incrociarsi con quelli di Bailey/Stewart, ma ci volevano due maestri dei comics come Don Rosa e Romano Scarpa per non banalizzare un simile avvenimento. Il Topolino di Scarpa è forse psicologicamente più vicino del Donald Duck di Rosa al personaggio del film, archetipo dell’eroe americano idealista, che però sprofonda nella disperazione. Dall’altra parte, il Mickey Mouse scarpiano si era già identificato con l’attore Stewart in crisi nella vecchia storia Topolino e la Collana Chirikawa (1960), che richiama (per il tema del protagonista in preda alle vertigini) Vertigo (La Donna che Visse due Volte, 1958), di Alfred Hitchcock.
Quanto alla predilezione di Scarpa per le pellicole di Capra, ricordiamo che nel 1961 il disegnatore veneziano con Topolino e il Favoloso Regno di Shan-Grillà, aveva realizzato un’affettuosa parodia di un altro film del grande regista, Lost Horizon (Orizzonte Perduto, 1937), che nel fumetto viene citato umoristicamente come Orizzonte Smarrito, diretto da Frank ‘Crapa’.
In Topolino e le Dolcezze di Natale, dopo una serie di circostanze sfavorevoli verificatesi la vigilia di Natale, Mickey crede di aver perso la propria casa e i suoi amici. Decide così di abbandonare per sempre la sua città, e arriva perfino ad ammettere che vorrebbe non aver mai vissuto a Topolinia, mentre Scarpa gli disegna sul volto i segni inconsueti della demoralizzazione. Mickey sarà però ‘salvato’ da un intervento di Babbo Natale (che gli mostrerà come sarebbe stata Topolinia senza di lui), e da un riuscitissimo e commovente colpo di scena finale che risolve in modo sorprendente ed inatteso tutti i suoi problemi.
Molti sono i meriti di questa storia: innanzi tutto l’umanizzazione di Topolino. Scarpa è riuscito a sfatare la vecchia opinione per cui Mickey sarebbe un eroe troppo perfetto e troppo bravo; senza tradirne il carattere di fondo, il grande autore veneziano lo ha reso vivo e vulnerabile: Topolino reagisce con ottimismo e forza d’animo alle sue traversie, ma, quando la misura è colma, cede temporaneamente, come tutti noi, allo scoraggiamento. Non è poi da sottovalutare la notevole capacità di sintesi di Scarpa che, nel giro di poche pagine, riesce a orchestrare un’avventura appassionante come un film. Infine, va segnalata la disposizione dell’autore a esprimere sentimenti non banali attraverso una storia umoristica (un’attitudine già manifestata in episodi come Pippo e i Parastinchi di Olympia (1974), e I Paperi di Paperopoli alla Conquista del Mitico Ticket (1992)). Questa qualità non comune inserisce Scarpa nella migliore tradizione disneyana, che talvolta — soprattutto al cinema — è capace di commuovere sia i bambini che gli adulti.
Sulla genesi di Topolino e le Dolcezze di Natale, abbiamo rivolto alcune domande direttamente all’autore, che ormai, da qualche anno, non risiede più a Venezia ma in Spagna.
Andrea Sani: Qual è stata l’occasione di questa storia apparsa in Francia?
Romano Scarpa: L’anno scorso, sempre a Natale, Le Journal de Mickey della Disney-Hachette aveva pubblicato un vecchio episodio di Topolino disegnato da me su testi di Guido Martina, Topolino e le Delizie natalizie, che era piaciuto ai lettori. Ho poi illustrato la copertina della raccolta Disney-Parade, che ripubblicava la mia storia del 1961 Il Gigante della Pubblicità, con un gran testone di Gambadilegno e un Topolino piccolo e spaventato. Così, quest’anno, la redazione mi ha chiesto di realizzare una nuova storia, e ho pensato a un rifacimento, in chiave disneyana, di La Vita è Meravigliosa, di Frank Capra. Mentre stavo lavorando al serial a disegni animati “Sopra i Tetti di Venezia”, ho avuto due mesi di intervallo, il che mi ha consentito di ritornare a Topolino. La redazione avrebbe voluto un episodio ancora più breve, di dodici pagine, ma io sono riuscito ad allungarlo a quattordici. Avevo in mente la trama da molto tempo, anche perché, come hai rilevato tu nel libro che mi hai dedicato con i tuoi colleghi Luca Boschi e Leonardo Gori, Topolino è veramente un po’ James Stewart.
A. S.: Qual è il tuo giudizio sui film di Frank Capra?
R. S.: Capra è uno dei miei punti fermi come espressione cinematografica, e ritengo La Vita è Meravigliosa uno dei migliori film del nostro secolo. È una pellicola che non stanca mai, tant’è vero che, ogni anno, a Natale, viene puntualmente riproposta in televisione. Fra l’altro, ho rivisto il film dopo tanto tempo, durante le feste di fine ’98, dopo aver già realizzato la storia di Topolino, e mi sono accorto che, senza rendermene conto, nel finale ho citato la scena in cui James Stewart restituisce ai suoi clienti i denari della banca senza ricevuta, perché si fida di loro. Anche il direttore della banca di Topolinia, che salva Mickey con un prestito, non vuole la ricevuta e dice che è inutile. Dato che non mi ricordavo questa sequenza del film, vuoi dire che fra Topolino e gli eroi di Capra c’è proprio una certa assonanza! La trama di La Vita è Meravigliosa è adattissima come spunto per un’avventura di Topolino, ma dato che non volevo appropriarmi di qualcosa che non è mio, avevo proposto al redattore capo del Journal de Mickey di mettere dopo la parola fine due righe di commento, per dire più o meno questo: “Se l’avventura vi è piaciuta, ringraziamone l’ispiratore, Frank Capra e il suo film”. Ma la redazione mi ha risposto che non era il caso. Da sempre le strisce di Mickey Mouse hanno tratto ispirazione da film famosi: si pensi a Topolino Sosia di Re Sorcio, del 1937-38, che fa il verso a Il Prigioniero di Zenda di John Cromwell.
A. S.: Nella tua storia appare un Topolino umanissimo che, a un certo punto, prova anche il sentimento della disperazione. Non hai avuto qualche remora a mostrare un Mickey così tanto scoraggiato?
R. S.: No, perché, nella conclusione dell’avventura tutto si aggiusta, e Topolino arriva ad ammettere che quello appena trascorso è stato il più bel Natale della sua vita. La storia ispira quindi fiducia e ottimismo, come il capolavoro di Capra. Devo dire che mi sono spinto a disegnare anche Pluto che abbandona Mickey; però ho commentato la scena con la scritta latina Tu quoque Plute, cani mi!, per sdrammatizzarla. E poi, Topolino mostra anche capacità di reazione: per esempio, quando suscita il compatimento di due signore che lo vedono con gli abiti sdruciti e gli chiedono se ha da dormire nella notte di Natale, Topolino, punto sul vivo, risponde: “Io sì! E voi?”.
A. S.: Questa capacità di esprimere i sentimenti di Topolino ti avvicina a Floyd Gottfredson…
R. S.: Gottfredson è veramente insuperabile in questo. Ho sottomano due numeri dei Maestri Disney dedicati a questo autore che mi ha inviato la dottoressa Lidia Cannatella, con le prime storie di Topolino. E rileggendole ci si accorge che i personaggi di Gottfredson, sin dall’inizio, sono figure umane, non maschere.
A. S.: Un’ultima domanda: fra quanto tempo rivedremo le tue storie sul settimanale italiano Topolino?
R. S.: Se riuscirò liberarmi di tanto in tanto dal mio impegno con il serial a disegni animati, tornerò ben volentieri a disegnarlo, anche perché mi riporta sempre al mondo felice dell’infanzia.